Textus Receptus
LA RICERCA DEL “TESTO ORIGINALE GRECO” DEL NUOVO TESTAMENTO
Abbiamo fin qui parlato della Vulgata di Girolamo, cioè della traduzione della Bibbia in latino. Per sapere se questa traduzione era corretta, bisognava confrontarla con i manoscritti nelle lingue originali – ebraico per l’Antico e greco per il Nuovo Testamento – che in effetti abbondavano nei monasteri e nelle biblioteche. Ma se questi presentavano una grande uniformità per l’Antico Testamento (Testo Masoretico ebraico), non così era per quelli del Nuovo Testamento, in greco, che presentavano molte varianti. A parte semplici errori od omissioni, talvolta queste varianti avevano una certa consistenza. In certi casi, sembrava che note di chiarimento e aggiunte a margine fossero entrate a far parte del testo durante successive copiature. Fu così che nel 1516, a Basilea, l’umanista Erasmo da Rotterdam produsse una edizione a stampa del Testo Greco del Nuovo Testamento, che secondo lui doveva essere accolta come “Testo Originale”.
Il testo greco adottato da Erasmo, noto in seguito come Textus receptus, venne ristampato nel 1551 dal parigino Robert Estienne, il quale per la prima volta vi introdusse la suddivisione in capitoli e versetti, che da allora fu adottata da tutti gli editori (ed è quella che usiamo ancora oggi).
(sopra) esemplare di Nuovo Testamento di Erasmo da Rotterdam stampato a Parigi nel 1568
A seguito di questa nuova disponibilità di testi originali, furono effettuate, specialmente in ambito protestante, nuove traduzioni in latino (in contrapposizione alla Vulgata), fra cui notevole è quella di Sante Pagnini e Théodore de Bèze, stampata a Basilea nel 1564, in caratteri latini e con la suddivisione in capitoli e versetti.
(Bibbia latina di Sante Pagnini stampata a Basilea nel 1564)
Tuttavia occorre ricordare che il Concilio di Trento aveva sancito nel 1546 l’autenticità della Vulgata di Girolamo, proibendo di fatto ogni altra versione e decretando che se ne pubblicasse un’edizione corretta e definitiva. Come diremo fra poco, la presa di posizione del Concilio di Trento era tesa soprattutto a bloccare le traduzioni nelle lingue “moderne”, che a seguito della Riforma cominciavano ad apparire un po’ dovunque.
Tuttavia l’opposizione si rivolse anche verso tutte quelle versioni latine che non fossero la Vulgata di Girolamo, portando così ad una revisione latina ufficiale e definitiva, che avvenne nel 1592 e prese il nome di “Clementina” – dal nome di papa Clemente VII che l’aveva promossa
(nell’illustrazione sotto esemplare di “Clementina”, stampata a Roma nel 1593 )
Citiamo ancora la traduzione in Latino di Tremelli – Du Jon (Antico Testamento) e di Théodore de Bèze (Nuovo Testamento), effettuata intorno agli anni 1575-1579, e pubblicata per la prima volta a Francoforte sul Meno a cura del principe palatino Federico III. (L’edizione di cui presentiamo qui sotto il frontespizio è del 1651).
Il Tremelli, ferrarese, dapprima si convertì dal giudaismo al cattolicesimo; poi, insieme a Pier Martire Vermigli, conosciuto nel monastero lateranense di San Frediano a Lucca, passò al protestantesimo nel 1542, rifugiandosi a Strasburgo. Quando tradusse l’Antico Testamento in latino era professore di ebraico a Heidelberg insieme a Du Jon che lo coadiuvò.
Invece, la versione latina del Nuovo Testamento di Théodore de bèze è quella che già avevamo visto nella edizione di Sante Pagnini stampata a Basilea nel 1564.