TRA VOI E’ PRESENTE UNO CHE NON CONOSCETE (Ev. Giov. 1:26)
In due luoghi emblematici della terra d’Israele, il Signore Gesù Cristo rivela la sua natura e i suoi attributi intrinseci, divini e umani, attraverso i nomi a Lui riconosciuti o dati: sono premesse per capire le Sue opere presenti e future.
Un bel titolo per individuare l’Eterno Presente, cioè il Signore Gesù Cristo che sebbene sconosciuto, ovvero con questa peculiare caratteristica si presenta ancor oggi, per incontrare gli uomini peccatori e li cerca con il suo atteggiamento amoroso, seppure gli siano nemici nella mente e nel cuore. Sconosciuto è la sua dimensione, l’aureola, l’avvolgimento personale. Domanda: sarà possibile scoprire l’identità dello sconosciuto presente? Sarà una identità poliedrica o unica, occorreranno qualità particolari come studi o doni carismatici per il riconoscimento o vi sarà una manifestazione palese dello sconosciuto? La traccia specifica per conoscerLo è l’Ev. di Giov.1:29 “vide Gesù che veniva verso di lui”. E’ una costante divina, andare verso l’uomo e percorrere questa via. Riassumendo per l’analisi: 1) è presente, 2) viene verso me, 3) non Lo conosco. Ma vi è un segno inequivocabile e rivelatore (Ev. Giov. 1:32) “ho visto lo Spirito scendere dal cielo come una colomba e fermarsi su di Lui”. Sarà possibile vedere ancor oggi una simile visione o è tutta fantasia? Se è presente, viene verso me, e con quelle caratteristiche, necessita avere occhi che permettano di vedere in quel modo!
Un nome significativo
Giovanni Battista quando incontra l’espressione del viso di Gesù, afferma (Ev.Giov.1:29) “ ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!” Stessa affermazione del verso Ev. Giov. 1: 36 “fissando lo sguardo su Gesù, che passava, disse: ecco l’Agnello di Dio”. Lo sguardo non è sfuggente, insignificante, indifferente, è indagatore per cogliere se (Ev. Giov.1: 33) Colui che mi ha mandato e mi ha detto, era una pronuncia di verità o erano fantasie di un mistico vissuto nel deserto a mangiare locuste e vestito di pelli. L’attrazione per il Battista, come per l’uomo odierno è il viso, sono gli occhi di Gesù e per seguire dove lui guarda, senz’altro nel cuore di ogni individuo. Evidentemente l’interesse non è l’aspetto fisico di Gesù, per come cammina e nemmeno il fascino, che l’arte umana dipinge nei quadri, di un biondino con gli occhi azzurri e con i capelli lunghi. Il richiamo è scorgere se rivela e comunica quel segno dello Spirito e appare o esprime la fania dell’Agnello. L’analisi dell’immagine del Nazareno, sebbene in movimento e lungo la via che potrebbe essere deconcentrante, non può essere sfuggevole o superficiale. Qui interviene la rivelazione di Gesù stesso, supportata e avvalorata dall’illuminazione dello Spirito Santo che conferma l’Emmanuele, il Nazareno, essere l’Agnello con una funzione speciale: quella di togliere il peccato dagli uomini, cioè da me o da te, se colgo in Lui lo sguardo salvifico.
Un nome sostitutivo e mediatore
Il primo incontro di fede, ovvero fiducioso e vitale con Gesù, deve avvenire in questo modo: riconoscerlo come il sostituto promosso da Dio per togliere il mio personale peccato, per meglio dire “l’unico Salvatore e Mediatore tra Dio e gli uomini” (I Timot. 2:5). Sulla base di questa convinzione e affermazione di fede, consapevole del fatto di non potermi redimere da solo, ma che tutto l’ha compiuto Lui in grazia e essendo l’Agnello sacrificale per eccellenza, posso vederlo nella visione come dice Ev.Giov.1:34 “questi è il Figlio di Dio”. Quest’asserzione è parte integrante della fede, intesa come è scritto in Ep. Ebrei 11:1 “la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono”. Si, per la fede in Gesù, nel suo viso vedo congiuntamente l’Agnello e il Figlio di Dio. Ecco come rende evidente la figura l’ Ev. Giov. 1:14 “la Parola fatta carne, piena di Grazia e Verità” e Ev. Giov. 1:1 “la Parola era Dio” e ancora Ev. Giov. 1:12 “a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel Suo nome”. Siccome l’opera dell’Agnello è ancora oggigiorno offuscata dalle religioni umane e manipolatrici, oscurità imbastita sul suo sacrificio, bisogna sottolineare che la croce non è un amuleto da portare al collo o nei lobi delle orecchie. Piuttosto è il simbolo delle sofferenze patite e dell’offerta fatta da Gesù del suo corpo e del suo sangue; dice l’Ep. Ebrei 9:26 “una sola volta è stato manifestato per annullare il peccato con il Suo sacrificio” e Ebrei 9:12 “è entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, con il proprio sangue, così ci ha acquistato una redenzione eterna”. Da questi due testi appare chiaro il valore del sacrificio di Gesù Cristo, sulla base del quale, Dio soddisfatto nella Sua giustizia, può concedere il perdono dei peccati a tutti quelli che credono per fede in quella espiazione. L’apostolo Paolo affermerà (Ep. Romani 3:21-22) “è stata manifestata la giustizia di Dio, mediante la fede in Gesù Cristo”, quindi la vera fede in Cristo si integra con la giustizia divina e la veicola sbandierando che per grazia si è resi giusti, salvati e adatti a sopportare il giudizio divino, senza essere condannati quali peccatori.
Un nome che esprime la natura divina
La proclamazione di Gesù come Dio Figlio, da parte di quelli che credono nel Suo nome, è della stessa sostanza e coerenza di ciò che afferma il Padre nell’Ev. di Luca 9:35 “Questi è il mio Figlio, Colui che ho scelto: ascoltatelo”. Con questo prezioso consiglio proveniente da Dio stesso, e riportato nella Bibbia, è bene predisporsi all’ascolto della Sua voce. Nel quadro dipinto dell’incontro con il Battista e due suoi discepoli, Gesù oltre a venire verso il profeta, prosegue la sua via, va avanti, per cui bisogna prendere la decisione non solo di seguirLo, ma udirLo parlare. Occorre verificare se con le affermazioni proposte, è l’Agnello e Figlio di Dio. Bisogna udire se quelle definizioni siano vere perché non Lo conosco, e se le sue argomentazioni mentre cammina, mi porteranno a scoprire queste identità. L’Ev. Giov. 6:63 comunica “le parole che vi ho dette sono spirito e vita”, e Ev. Giov.6:68 “Tu hai parole di vita eterna”. Questa voce e questi progetti che coinvolgono l’eternità, è certo, sono la sintesi contenuta nell’atto del Salvatore che compie voltandosi e domanda ai due che lo seguono “che cercate?” (Ev. Giov. 1:38)
Un nome funzionale per le rivelazioni
La scena descritta è interessante: 1) i due seguono il Presente da lontano, 2) che cammina, 3) li ha superati, 4) si volta, 5) li osserva, 6) domanda che cercate. Il breve cammino con l’Agnello, svolto dai due personaggi è stato sufficiente a scoprire un nuovo appellativo di Gesù: Rabbi o Maestro e un altro interrogativo sale: dove abiti? Già l’Eterno Presente dove abita? Ev. Giov. 1:39 “Venite e vedrete… e stettero con Lui quel giorno”. Andrea, uno dei discepoli con l’altro anonimo ha compreso a Betania, luogo dell’incontro, cioè nel territorio ben evidenziato (Ev. Giov. 11:1-43) della resurrezione di Lazzaro e (Ev. Giov. 12: 1-2) la località della comunione, ovvero del piano salvifico di Gesù per l’umanità. Il Rabbi in quel giorno, istruisce Andrea: gli rivela che sarà dopo Agnello, il Risorto, il Mediatore con cui avere comunione; Figlio di Dio e non solo il Rabbi, perché nel vero giorno (Ep. Filip. 2:9-10) sarà acclamato con ”il nome sopra ogni nome”. Andrea conclude l’esperienza giornaliera con Gesù avendo la certezza dell’eternità, del giorno dove il glorioso Agnello (Ev. Giov. 1:41) ora Cristo, Unto e Messia riceverà il tributo di ogni ginocchio piegato e le bocche confessanti il Suo nome di Signore alla gloria di Dio. Indicatore è il fatto che Andrea quando incontra suo fratello Pietro, non classifica Gesù come solo Rabbi, ma come certo Messia, quello atteso lungamente dal popolo israelita, ben descritto nei sacri testi.
Una nuova meta per nuovi nomi e promesse
L’episodio prosegue con il Signore Gesù Cristo che si avvia verso una nuova località, la Galilea, simbolo futuro (Ev. Matteo 28:10) dove i credenti potranno vedere concretamente il Risorto. Il nostro racconto si dipana ancora con l’affermazione di una nuova accezione, Ev.Giov.1:45 “Gesù di Nazareth, figlio di Giuseppe”, “Colui del quale è scritto da Mosè nella Legge e i profeti”. Andrea, Pietro, Filippo e Natanaele in cammino verso la Galilea udendo parlare Gesù, riassumeranno per bocca di Natanaele l’identità dell’Agnello senza confondersi, (Ev.Giov.1:49) “Rabbi, Tu sei il Figlio di Dio, Tu sei il Re d’Israele”. Per l’esperienza pregnante vissuta ai piedi del Salvatore e per la fede riposta nella sua adorabile persona, potevano confermare le verità e le promesse udite, con certezza e cognizione di causa. Il messaggio salvifico di Gesù è sempre lo stesso, Lui parla di perdono dei peccati ancora oggi dal trono dove risiede! La chiusura finale vede ancora un ultimo nome attribuito al Signore Gesù Cristo, rivelato da Lui stesso (Ev. Giov. 1:5) “in verità, in verità vi dico che vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’Uomo”. Questa visione introduce nei nostri pensieri il giorno dell’abitazione, non per una giornata come nell’esperienza dei discepoli, non come mille anni quando come Re d’Israele si manifesterà, ma nell’eternità, dove gli angeli adoreranno il Figlio di Dio, l’unico Salvatore, Redentore e Mediatore per gli uomini che credono per fede.
Ferruccio IEBOLE