NON SEI ANCHE TU UNO DEI SUOI DISCEPOLI?
prima del testo dell’articolo una comunicazione:
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La domanda è impegnativa e non riguarda solo Pietro, ma tocca il nostro essere che vuole confrontarsi con il concetto di essere discepoli di Gesù Cristo, con tutte le limitazioni e gli errori che commettiamo nel cercare di camminare con il Signore, dovuti alla nostra vecchia natura che ogni tanto spunta fuori. E’ vero, si vorrebbe essere più coerenti e più amabili, ma a volte i caratteri prendono il sopravvento e allora sono dolori. Pietro seguiva da lontano, poi era dietro la porta, infine vicino al fuoco; un cammino a ritroso verso il mondo della confusione dove impera la menzogna e le scuse sono l’arma per non assumersi la responsabilità di dire la verità. I discepoli di Cristo però, si distinguono e si differenziano proprio in questo, avendo legami con la Verità sono attirati a non valicare il flebile confine dell’opportunismo e delle mezze verità, tendono a rispettare il dettato di dire sempre la verità, attirandosi la supponenza o la commiserazione di chi non è d’accordo con loro.
Quello che Gesù amava.
Nella cerchia dei discepoli di Gesù v’è Giovanni che riveste un rapporto particolare con il Salvatore.(Ev. Giovanni 13:23) Ora a tavola ,inclinato sul petto di Gesù stava uno dei discepoli, quello che Gesù amava. Letta così la frase sembra di una preferenza privilegiata, di una disparità e di un favoritismo da parte di Gesù verso quel discepolo, che era il più giovane. Si, vi era una confidenza forse dovuta proprio alla giovane età che bisognava di protezione, nel difficile compito di accompagnare il Salvatore verso un cammino con finale ancora da definire, ma che non prometteva nulla di bene, e lo si intuiva dalle parole, dai ragionamenti del Redentore, che teneva ai suoi. Occorre dire che Giovanni era alla pari degli altri per quanto riguarda l’amore di Gesù, forse però corrispondeva di più di altri, cosa verificabile per gli incarichi che ancora il Salvatore gli affiderà nel prosieguo della sua vita, quando su sollecitazione del Redentore prenderà in casa sua madre e sarà poi l’ultimo dei discepoli ad avere la rivelazione profetica dell’Apocalisse.
In quel contesto però, il Salvatore annunzia con una comunicazione shock : l’imminente tradimento, che sta prendendo forma nei meandri della mente e nei pensieri di Giuda Iscariota. Giovanni ,pur essendo giovane, coglie il turbamento di Gesù quando comunica l’incombente inganno, tale da disorientare tutti i presenti. (Ev. Giovanni 13:22 I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo di chi parlasse. Forse è per questo che Giovanni pone il suo capo sul petto di Gesù, cosa sottolineata nel verso successivo, come a dire che non tutti erano irriconoscenti o peggio fatalisti.
Signore chi è?
Una buona dose di intraprendenza non manca a Giovanni, nessuno osa proporre approfondimenti sul fatto che si svilupperà tra poco, e ancora con discrezione domanderà: Signore chi è? Grande domanda, grande coraggio! Non era curiosità per un’eventuale maldicenza o per redarguire aspramente il naufrago della fede, ma per stare dalla parte del Redentore con discrezione, sapendo che Gesù non aveva bisogno di consigli ma di vicinanza fraterna. La risposta di Gesù è alquanto particolare, sia nei segni che nelle parole, il gesto è un boccone intinto, le parole: (Ev. Giovanni 13:28) Ma nessuno dei commensali comprese perché gli avesse detto così. E’ vero, l’atmosfera non era delle più gioiose, il precipitare in quell’episodio contorto, che pareva sfuggire da ogni logica, avanzava con una venatura malinconica un po’offuscata. Però nulla a confronto con quello dichiarato dal verso (V.27) Allora dopo il boccone, Satana entrò in lui. Per cui Gesù gli disse: quel che fai, fallo presto. Domanda perché un boccone? E’ la dimensione del boccone che anche noi prendiamo quando siamo davanti ai simboli della rammemorazione, e li ci interroghiamo se come discepoli siamo in grado di partecipare alla mensa. La conclusione è che per Grazia possiamo accedere ai simboli e non sulla base della nostra incostante ubbidienza. Chi è Signore? Sarebbe bene dire il nostro nome per sentire i benefici della Grazia.
Satana entrò in Lui.
Succede un evento invisibile a occhio umano, solo Gesù lo vede, lo governa e in seguito lo rivelerà. Evento di portata straordinaria, Satana entra in un uomo per costringerlo a compiere l’azione più blasfema possibile, come quella di un tradimento di un innocente, che con l’inganno sarà irretito in una storia di sangue e di sofferenze inaudite. Gesù poteva vedere cose che gli umani non vedevano. Più volte nel corso della sua vita svelerà , specialmente nelle ore della passione, e paleserà la presenza e l’azione dell’Avversario. Anche questa fase è confusa e tortuosa, i discepoli interpretano le parole di Gesù con delle frasi errate e fuori luogo, che accompagnano l’uscita di Giuda, il quale preso il boccone si appresta a compiere l’infame gesto. Tolto l’ingombro di una presenza sconveniente come quella del duo Satana-Giuda, eseguita in maniera frettolosa< Quel che fai, fallo presto> si può in quel convivio d’amore dare spazio a concetti più consoni alla gloria del Redentore. La gloria del Salvatore non può tollerare una presenza satanica o quella di un traditore, aria e luogo devono essere asettici perché le Parole di gloria facciano il loro corso nella verità delle affermazioni. L’episodio precedente termina con una descrizione precisa(V30). Egli dunque preso il boccone uscì subito; ed era notte. L’apoteosi negativa di quel momento è ben specificata dal racconto; il boccone è il termine dell’azione malefica, uscire vuol significare una presenza superflua, subito determina un tempo che non doveva scorrere in un luogo dove di li a poco si sarebbe manifestato la Gloria del Signore, era notte cioè la forza delle tenebre prendevano corso, guidate dal re dell’oscurità e delle trame mortifere.
Quando fu uscito.
La sottolineatura è importante, quando il campo è sgomberato da una presenza malvagia e satanica, allora si può dare sfogo a Parole precise che parlano di gloria celeste e di futuro. (V.31-32) Gesù disse: Ora il Figlio dell’uomo è glorificato e Dio è glorificato in Lui. Se Dio è glorificato in Lui, Dio lo glorificherà anche in se stesso e lo glorificherà presto. Sono concetti di una portata stratosferica : Gesù comunica ai suoi discepoli che in Lui, si verifica un fatto incomprensibile per noi umani, in Lui la gloria del Padre viene contenuta e ricambiata reciprocamente in uno scambio che è invisibile, ma accessibile per la fede e reale per la potenza della rivelazione di Cristo. Come Gesù era dominatore di eventi invisibili, quali vedere Satana approssimarsi a Giuda e entrare in lui, così Lui può parlare della gloria celeste impercettibile ai sensi umani e dichiarare che ciò corrisponde a Verità. Gesù parla ancora velatamente della sua missione nel cielo. cioè della sua ascesa dopo morte, per presentare al Padre il suo sacrificio congruo e sufficiente a redimere i peccatori. Infine lo sguardo del Signore si sposta sui discepoli rivelando che l’amore sarà la materia per riconoscere il discepolato, affermando che: (V. 55) Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri.
Un argomento qualificante.
Dunque non è materia di avere le stesse vedute. di scienza o di avere uno stesso pensiero, proveniente da studi della Parola, sotto la guida di maestri anche arguti; quello che farà dei discepoli fedeli nel campo della fede, piuttosto sarà quell’impalpabile ma visibile nel concreto, amore fraterno che deriva dalla comprensione della dottrina nella Parola di Dio. Il discepolare inteso come avviene oggi è solo uniformità di cose considerate e ritenute omogenee al tipo di insegnamento già confezionato in maniera pregressa. Invece i veri discepoli dipendono dalla rivelazione che lo Spirito Santo dona della Parola di Dio. (Atti 11:26)Essi parteciparono per un anno intero alle riunioni della chiesa e istruirono un gran numero di persone; ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani. Dunque non è un corso accelerato che qualifica un credente. Qui ad Antiochia il tempo è lungo, un anno e con quali insegnanti; qui si sperimenta l’amore fraterno e l’apprendimento della dottrina, talchè quelli di fuori coniano il nome di Cristiani. E’ notevole che gente del mondo crei un nome così impegnativo, dovuto certamente alla buona testimonianza e all’amore presentato in quella Chiesa come legami evidenti tra i membri. Da questa situazione abbiamo tutti da imparare, per amarci di più e meglio. Giovanni nella sua lettera scriverà un versetto veramente chiaro che sintetizza bene l’amore fraterno;(I Ep. Giovanni 3:14) Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Un versetto simile è in (I Giovanni 5:2-3) Da questo sappiamo che amiamo i figli di Dio, quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti perché questo è l’amore di Dio: che osserviamo i suoi comandamenti e i suoi comandamenti non sono gravosi.
Conclusione.
I discepoli di Cristo sono impegnati nel raccontare l’amore di Dio agli altri, proponendo anche modelli di amore pratico e disinteressato per dimostrare come si ama anche in Verità, testimoniando dell’Evangelo. Un caro saluto a tutti.
Ferruccio Iebole.
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