L’immagine segna una svolta epocale. Per la prima volta è stato fotografato un buco nero della nostra galassia, al centro della Via Lattea. Il “buco”, che è stato chiamato Sagittarius A*, è lontano 26.000 anni luce dalla terra e ha una massa quattro milioni di volte quella del sole. La fotografia, frutto di anni di elaborazione, risulta però piuttosto sfuocata. Sufficiente per farci capire i contorni del fenomeno, ma non in maniera limpida, con una buona messa a fuoco.
Offuscate, non chiare, risultano anche molte delle convinzioni umane, dalle teorie scientifiche sull’origine della vita, alle varie domande esistenziali. La Bibbia ci parla di questa conoscenza parziale, non ben definita, con la quale non è possibile vedere chiaramente tutti i contenuti: Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro… (1 Corinzi 13:12). Il termine greco per “modo oscuro” è ainigma, cioè ‘enigma’. Noi vediamo in modo enigmatico, non chiaro. Il riferimento allo specchio deve essere compreso alla luce di quello che erano le superfici riflettenti usate all’epoca, decisamente non ben definite come quelle attuali dei nostri specchi. È un po’ come se guardassimo il nostro volto sul fondo di una pentola. Ma il termine indica anche che l’immagine è riflessa in modo indiretto. Noi guardiamo dentro le cose di Dio, ma non direttamente.
Lo stesso termine lo troviamo un’altra volta, nella versione greca dell’Antico Testamento, nel libro dei Numeri, dove Dio parla a difesa del suo umile e fedele servitore Mosè (Numeri12:3, 7): Con lui io parlo a tu per tu, con chiarezza, e non per via di enigmi; egli vede la sembianza del SIGNORE. Perché dunque non avete temuto di parlare contro il mio servo, contro Mosè?». (Numeri 12:8). Leggiamo ancora di lui che “Non c’è mai più stato in Israele un profeta simile a Mosè, con il quale il SIGNORE abbia trattato faccia a faccia” (Deuteronomio 34:10).
Mosè, a differenza degli altri ai suoi giorni, ebbe degli incontri ‘personali’ con Dio, non perché potesse realmente vedere il suo volto (Esodo 33:20), ma perché non ha avuto bisogno di altri intermediari, sia che Dio gli parlasse da un pruno ardente (Esodo 3:2-6) o dal mezzo di una nuvola (Esodo 19:9; 33:9). La sua, come la nostra, rimase una visione offuscata di Dio, ma con lui il Signore parlava in maniera diretta.
Quello che si può vedere di Dio, arriva a noi attraverso colui che ce lo fa vedere, perché non è ancora possibile per noi vedere Dio direttamente. La Scrittura ci dice che è solo attraverso Gesù che noi possiamo conoscere (1 Giovanni 5:20) e “vedere” Dio (vedi post L’affascinante ricerca dell’invisibile) e che, per mezzo della sua Parola, il suo Spirito ci fa conoscere le cose di Dio.
Noi oggi abbiamo quindi bisogno di un intermediario, Gesù, l’unico che può avere questo ruolo grazie al suo sacrificio: Infatti c’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, che ha dato se stesso come prezzo di riscatto per tutti (1 Timoteo 2:5-6). È lui che ci dà la possibilità di avere accesso al Padre (Efesini 2:18) e “nel quale abbiamo la libertà di accostarci a Dio, con piena fiducia, mediante la fede in lui” (Efesini 3:12).
Ma quando saremo nella sua presenza, allora potremmo vederlo con pienezza, in maniera nitida e diretta, come ci dice il versetto di 1 Corinzi 3:12, che ora rileggiamo per intero: Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte; ma allora conoscerò pienamente, come anche sono stato perfettamente conosciuto.
Come non mettiamo in dubbio l’esistenza dei buchi neri, nonostante l’enorme distanza da noi e anche se l’immagine che abbiamo è sfuocata e solo grazie all’uso di particolari strumenti, così non mettiamo in dubbio l’esistenza di Dio. Solo che Dio non è un buco nero che assorbe tutto quello che è vita, distruggendola, ma piuttosto un buco bianco che, come quelli nello spazio, ipotizzati ma non ancora fotografati, rilasciano energia e luce. In attesa quindi che “ciò che è mortale sia assorbito dalla vita” (2 Corinzi 5:4) e quindi di poter vedere Dio in maniera diretta, nitida e completa, affidiamoci con piena fiducia a colui che ci conosce perfettamente e che ci ha donato suo Figlio e la sua Parola, affinché potessimo vedere “quel che si può conoscere di Dio” (Romani 1:19) e “di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza” (Efesini 3:19).
L’articolo è tratto dal blog “La nuova nascita”
Lascia una risposta