UNA CASA SULLA ROCCIA

La parabola della casa sulla roccia o sulla sabbia sembrerebbe un insegnamento ovvio e leggero, commentarlo con riverenza e attenzione si rivela invece profondo, come tutta la Parola di Dio, mai banale o senza importanza, ma prorompente se ascoltata con la fede di poter accedere a una Sapienza Superiore, come le parole espresse dal Signore Gesù durante il suo ministerio in terra, portatrici di salvezza per l’uomo ravveduto. I suoi insegnamenti sono sempre di conforto e adatti a far crescere nella conoscenza biblica.

Nell’Evangelo di Matteo viene riportato (Ev. Matteo 7:21-28) un ragionamento sulla validità del modo di ascoltare la Parola di Dio, e quali conseguenze la maniera di intendere, possa cambiare la vita degli uomini. Bisogna mettere in evidenza come per l’ascolto, sia messa in gioco la volontà dell’individuo per compiere un’altra volontà, senz’altro migliore e più appagante, quella di Dio. In seconda battuta l’ascolto proficuo della Parola di Dio procura una progressiva voglia di ascolto, cioè un concatenamento, perché coinvolti da un messaggio positivo di vita e di prosperità spirituale, alieno dalle filosofie umane seppur razionali o affascinanti. Il messaggio evangelico esprime un invito a cambiare modo di ragionare, prendendo a modello le Parole di Cristo, Via, Verità e Vita. L’ascolto della voce della Parola induce alla pratica di essa, chi ascolta vuole essere non solo un fruitore di suoni ma un artefice impratichito nelle disposizioni imparate dalle Sacre Scritture. Questa posizione di fare la volontà divina perché raggiunti da un progetto grandioso come il regno di Dio, risulta appagante perché dettata da un’autorità non comune, umana o dispotica, ma un’autorevole voce suadente e armoniosa, direi celeste. Allora la voglia di confronto con la veridicità e l’autorevolezza della Parola evangelica prende piede e ci inoltra nel terreno della comunione fervida con Dio e con suo Figlio Gesù, che suggerisce un rapporto non superficiale, ma fattivo in amore, conoscenza e conduzione.  Il Signore Gesù sgombera subito il campo delle emozioni dalla fede, dice: (Ev. Matteo 7:21) Non chiunque mi dice Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre  mio che è nei cieli, ponendo l’accento non sull’emotiva invocazione proveniente da una fede effimera, ma da un’essenziale costatazione della persona del Salvatore, che presuppone la conoscenza della sua opera redentrice. Più volte insistiamo per far capire il valore del sacrificio sulla croce di Gesù, perché sappiamo a volte sbiadito nei contenuti non sufficientemente chiariti. Infatti Gesù propone non l’implorazione asettica, ma la convinzione del cuore difronte alla sua certa signoria, e la consapevolezza accertata dalla fede, di entrare a far parte del regno dei cieli, perché figli del Padre tramite il Mediatore, l’unico nome dato agli uomini in salvezza cioè Gesù Cristo.

Quel giorno

Il Salvatore squarcia il futuro e dice (Ev. Matteo 7:22)  molti mi diranno in quel giorno; dunque c’è un giorno diverso dagli altri, non solo nel tempo relativo all’eternità, ma un giorno nella nostra vita di tutti i giorni, in cui per svariati motivi, siamo indotti a gridare Signore, Signore! E’ il giorno della visitazione, dell’avvicinamento alla fede, del richiamo di Cristo. Dalla risposta che daremo vi sarà appunto un “altro giorno”, dove sarà ricercata prepotentemente la giustificazione di una vita. Come la Scrittura ci sottopone, in “quel giorno” alcuni vanteranno una difesa energica, dove con la discolpa e la spiegazione logica cercheranno di dimostrare l’indimostrabile; la stessa condizione di cercar scuse, che affondano nella religione e non nella fede, la dicono lunga sull’inconsistenza degli argomenti esposti. In “quel giorno” non si elencano opere potenti fatte o non fatte, non si parlerà di demoni cacciati o sopportati, l’analisi si farà sulla conoscenza, sul possesso della fede in Cristo, oppure sull’assenza di rapporti contraccambiati e reali con Gesù. Allora l’auto assoluzione esclusiva e unilaterale degli uomini non varrà a cambiare il verdetto, pronunciato dal Giudice dei vivi e dei morti, il Salvatore Gesù. In “quel giorno” si misurerà l’ascolto e il conseguente “fare la volontà di Dio”, da parte di coloro che non hanno nulla da vantare, ma che ringraziano della misericordia ottenuta in Cristo Gesù. Perciò è sempre il tempo di stupirci; (Ev. Marco 7:28-29) la folla si stupiva del suo insegnamento, perché Egli insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.  E’ vero nella nostra vita è bene stupirci delle Parole di Gesù, sono sillabe espresse con autorità e raggiungono il cuore, la mente, lo spirito delle persone. Svanito lo stupore, però deve restare l’essenza del messaggio, per dimostrare con il servizio, la dedizione e ancora l’ascolto che l’insegnamento ricevuto produce un cambiamento in natura e di prospettiva come il regno dei cieli.(Ep. Colossesi 2:11) Ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore alla gloria di Dio Padre. La confessione del nome del Salvatore è simile a quella riportata nel Vangelo di Marco, molto diversa per il pronunciamento glorioso indirizzato per il Padre, ricevuto e accolto da cuori rinnovati e convertiti dalla Parola evangelica. L’insegnamento del Redentore era come detto con autorità, una virtù ricercata e scimmiottata dai religiosi, che cercano di apparire autorevoli, collaudati in dottrina, benevoli negli atteggiamenti, per generare stabilità in chi li ascolta. Non dobbiamo fidarci dei “ nuovi scribi”; se qualcuno ci propone un Vangelo annacquato non lo riceviamo,  rifiutiamolo; l’esempio di quelli che  profetizzano “nel nome tuo”  non è sufficiente per garantire la verità delle esposizioni e delle meditazioni, occorre sempre rifarsi alle citazioni bibliche che supportino il ragionamento. La Parola di Dio non confonde, allontana l’errore e indirizza a Cristo unico Salvatore. Accanto a Lui quando appare glorioso nel cielo, non vi è nessun altro corredentore, corredentrice  o anima  santa vicina,  comparisce  in perfetta unicità e gloriosa solitudine, solo  qualcuno, in seguito apparirà sotto i suoi piedi in segno di sottomissione e di sconfitta.

Due uomini e due case

Il termine di paragone proposto da Gesù per determinare chi ascolta e mette in pratica le Parole evangeliche, viene  indicato da due uomini, simili in struttura corporea, rassomiglianti nei progetti di vita, affini nell’azione costruttiva di un bene come la casa; piccola differenza uno è avveduto, l’altro è stolto. Non c’entrano le facoltà intellettuali, le capacità artigianali o l’ingegno, centra la disposizione all’ascolto e al rendersi conto dell’invito superiore del savio Architetto. Come detto altre volte, è il Signore che forma la casa, la famiglia unendo i due coniugi e rimanendo l’ospite silenzioso e discreto. L’Avversario della casa sulla roccia, in quanto carente di fantasia, cerca di imitare cose conosciute dai credenti, per irretirli nella distruzione familiare, nel creare crepe e ferite. Per la disunione delle persone, il Distruttore adopera tre elementi conosciuti come la pioggia, l’acqua e il vento, per scatenarli contro la casa e cercare di procurare danni e distruzione. Occorre dire che le tre sostanze menzionate sono utilizzate in maniera scorretta; la pioggia non è quella benefica, che irrora piacevolmente o come la rugiada del Salmo 143, no, è la pioggia torrenziale che scende a catinelle, dopo che il tempo si è rabbuiato e le nuvole minacciose si sono raccolte insieme. L’acqua è impetuosa e travolgente, come un fiume, non assomiglia a quella fonte  saliente promessa da Gesù per quelli che credono nel suo amore, è una fiumana vorticosa che cerca di violentare la casa costruita. Il vento altresì non è il vento conosciuto dello Spirito Santo, è un turbine sconvolgente che soffia negativamente per disturbare tumultuosamente l’unione familiare. Il vento diabolico non assomiglia al vento sommesso e dolce della Parola, che reca guarigione sulle ali dell’aria, è una similitudine negativa che denuncia l’intento peggiorativo, promosso dal Nemico, per recare difficoltà di ogni sorta. Sul vento che avvolge, sovente si distinguono le due posizioni, dell’avveduto e dello stolto. L’avveduto, reso tale dall’ascolto della Parola e dal fare la volontà del Padre, è abituato a quel soffio di Gesù: (Ev. Giovanni 20:22) Detto questo, soffiò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo; l’avveduto  non si confonde. Lo stolto va incontro al totale sfascio in maniera quasi inconscia. Le quattro cose: come fare la volontà di Dio, ascoltare la Parola di Dio, metterla in pratica e ricevere l’insegnamento di Gesù, costituiscono il patrimonio che preserva la casa fondata sulla roccia che è Cristo, mentre quella fondata sulla sabbia essendo inconsistente, è destinata al disastro e alla distruzione.

La solidità della casa sulla Roccia

 L’apostolo Pietro  essendo stato sposato, ha modo di dare consigli pertinenti  perché la casa resti salda e ancorata alla Roccia, infatti nella sua lettera (II Ep. Pietro 1: 3-8) elenca ben nove cose perchè la famiglia sia solidificata sulle promesse del Salvatore.  

  1. L’impegno
  2. La fede
  3. La virtù
  4. La conoscenza
  5. L’auto controllo
  6. La pazienza
  7. La pietà
  8. L’affetto fraterno
  9. L’amore

La decima e la più importante, decima cosa come le dita di una mano, è la Roccia ovvero il simbolo del Signore Gesù, il savio Architetto e Provveditore per la famiglia. In (I Ep. Corinzi 10:3-4) ci viene fatto un ritratto compito di Cristo, viene detto; Mangiarono tutti lo stesso cibo spirituale, bevvero tutti la stessa bevanda spirituale, perché bevevano alla roccia spirituale che li seguiva e quella roccia era Cristo. Dunque, appare evidente come Gesù provveda per i primari bisogni perché la vita spirituale prosegua sotto la sua dirigenza, e come sua sia la preoccupazione di sostenere acqua fresca e dissetante durante la traversata del deserto. Anche Pietro perciò, ricorda come la sua potenza divina, sia un baluardo vero contro le insidie e le macchinazioni dell’Avversario, contro gli strali diabolici indirizzati nei confronti dei credenti e delle loro famiglie le quali si riposano fiduciose sulla Roccia, che comunque le preserva dagli sconquassi esterni.( II Ep. Pietro 1:3) Ci ha donato tutto ciò che riguarda la vita e la pietà mediante la conoscenza  di Colui che ci ha chiamati con la propria gloria e virtù. Preziosa realtà sapere che la casa fondata sulla Roccia corrisponde a un progetto glorioso, il quale trae origine dalla Pietà divina, che rivela una conoscenza adatta per capire con quanto amore siamo stati amati da Gesù Cristo e siamo attesi in gloria, per vedere manifestate le virtù del Salvatore nel cielo. E’ vero, se queste virtù di Cristo sono presenti e abbondano nella nostra vita, non ci renderanno ne pigri, ne sterili ma saranno di stimolo per raggiungere nuovi traguardi di comunione con il Signore. Rendere sempre più sicura la nostra vocazione ed elezione, vedendo aprirsi davanti a noi sempre più vicino l’accesso al regno celeste, è una gioia che riempie la vita. Ecco perché la Parola di Dio ci rende e ci esorta ad essere sempre più saldi nella Verità, cioè nel Vangelo. Esso ci istruisce: (II Ep. Pietro 1:16) Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole abilmente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà. Il credente deve essere vigilante per attenersi costantemente alla Roccia, la maestà di Gesù percepita dalla fede, è un ottimo deterrente alle avversità prodotte dalle favole religiose, che attirano prepotentemente le persone superstiziose e fragili, gli individui che non riescono ad abbandonarsi alla forza della Verità perché ancorate a tradizioni fasulle. L’apostolo Pietro ce lo conferma, lui è stato un testimone oculare, così si definisce, uno che ha osservato attentamente Gesù e ha tratto delle conclusioni affidabili. Queste sono confortate dalla presenza dello Spirito Santo che sospinge come il vento, le argomentazioni di uomini consacrati dalle Parole di Cristo.(II Ep. Pietro 1:21) Infatti nessuna profezia venne mai dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo. Perciò conoscere la via della salvezza e la via della giustizia, indicata da chi parla da parte, e non in nome di Dio, risulta degno di attenzione. Una promessa preziosa è quella che Pietro, l’osservatore privilegiato del monte santo ci ricorda: (II Ep. Pietro 3:9) Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni; ma è paziente verso di voi non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento. La positività di questo passo è straordinaria, esso ci rammenta come la pazienza del Signore risulti frenata e contenuta per l’amore durevole di Gesù, che attende ancora altri ravvedimenti di peccatori. Dal momento che abbiamo accennato “al giorno” ricordiamo il passo seguente del testo esaminato: (II Ep. Pietro 3:10) Il giorno del Signore verrà come un ladro, in quel giorno i cieli passeranno stridendo, gli elementi infiammati si dissolveranno, la terra e le opere che sono in essa saranno bruciate.

 Conclusione

Orbene, visto la sopita improvvisazione e l’impercettibile avvicinarsi del giorno del Signore, restiamo desti e con spirito di preghiera gli uni per gli altri, per spegnere i dardi infuocati dell’Avversario e invocare le benedizioni divine su tutti i nostri cari lettori e amici.

Noi saremo al tuo grido acclamante

Rivestiti d’un corpo di gloria

Canterem la finale vittoria

Tutti insieme, o Signore, nel ciel

O Gesù ci prostriamo a Te innanzi, Nostro Dio nostra vita e speranza,

In te sempre i redenti han fidanza,

In Te solo, o Verace e Fedel.

Ferruccio IEBOLE

 

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