ANDANDO A GERUSALEMME PASSAVA IN MEZZO ALLA SAMARIA E GALILEA ( Ev. Luca 17:11)
Nella vecchia traduzione della Bibbia di G. Diodati è raccontato il percorso di Gesù che si avvicina a Gerusalemme, la città che racchiude nel suo nome il termine pace, indicando come Lui si approssima alla città cosiddetta santa. Il tragitto è importante nell’affermazione di G. Diodati, che traduce in mezzo alla Samaria e non ai confini come la nuova traduzione. Idealmente è un percorso che per seguire Gesù, ogni peccatore deve percorrere.
Il Signore Gesù vuole recarsi a Gerusalemme, passa attraverso un territorio ostile dal punto di vista religioso, ma proprio in quei paesi incontra persone eterogenee; ogni conoscenza sul tragitto ci ragguaglia sull’atteggiamento di Gesù, sul significato dell’unione temporanea o sfuggevole con il Salvatore e sul risultato ottenuto da questi incontri cruciali in Samaria con (Ev. Giovanni 14:6) la Via, la Verità e la Vita. Nella Samaria sono presenti menomati, mendicanti, malati, e mentre Lui passa arrivano dieci lebbrosi: un numero già consistente di derelitti che uniti dalla malattia, cercano di farsi coraggio e nella reciproca solidarietà tra emarginati si sostengono. Che vi siano sensibilità diverse dovute ai caratteri ed esperienze trascorse in quegli individui, appare evidente dal racconto; ma ora sono tutti dieci accomunati da una stessa sorte. Succede l’imprevisto: cioè dalla visuale umana, accade un bel evento in mezzo a tanta sofferenza: passa Gesù! Dal punto di vista del Signore non è un caso, ma una sua scelta lungimirante per incontrare dei miseri e dimostrare amore, concretizzato e dimostrato da Parole. Saranno i soliti buoni consigli contenenti cortesi esortazioni? Il fatto che il Salvatore rimanga lontano, sarà perché non vuole essere disturbato o interrotto dal suo viaggio? Oppure avrà voluto liberarsi frettolosamente di questi cenciosi per entrare liberamente nel villaggio con credenziali cordiali e di relazioni corrette? Già, ma le parole possono qualcosa? Nella via della fede si! Non possiamo dimenticare come nella creazione gloriosa dell’universo, la Parola creatrice ( Ep. Ebrei 1:2) Ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che egli ha costituito erede di tutte le cose, mediante il quale ha pure creato i mondi, è stata vista all’opera; dunque la Parola può produrre o ribaltare ogni cosa, perché spinta dall’amore divino. In questo racconto sono evidenziati i germi e i requisiti richiesti per dichiararsi con il titolo onorifico di riscattati, che adorano e glorificano Dio per mezzo del Figlio, i quali non prendono iniziative fuori posto nell’adorazione. Poi rivelando come la scuola o la didattica dello Spirito Santo, induca alla sobrietà e al chiaro insegnamento di come si adora Dio, cioè (Ev. Giovanni 4:23) dei veri adoratori risultano graditi perché sono ubbidienti. Al (V.13) di Luca17 del nostro racconto emergono tre atteggiamenti: il primo, fermarsi lontano, che esprime bene la nostra lontananza dai disegni di Dio, lontani dalla sua santità e giustizia, lontani perché morti nei peccati. Sebbene all’orizzonte della vita collettiva o di ciascuno individualmente appare il Maestro Gesù, di cui non si conosce personalmente la sua potenza, forse la sua esistenza solo per sentito dire, vedere Gesù è il secondo aspetto. Il terzo è far salire una richiesta impellente di aiuto. E’ una richiesta forte, gridata come un’unica bocca ed un unico sentimento di bisogno, esposto da uno stesso animo, una supplica documentata dalle parole: Abbi pietà di noi!
Uno solo
Il sentimento di grazia di Cristo, prodotto dal suo reale interessamento alle condizioni dei derelitti, per risolvere l’incresciosa situazione di malattia, trova rispondenza di fede in uno solo dei malati guariti. E’ eloquente vedere ciò che una persona peccatrice compie quando è raggiunta dalle parole di Gesù e dai suoi benefici atti. Il (V. 15) dice: vedendo che era purificato il lebbroso torna indietro, letteralmente si converte e si comporta ( Ep. Romani 6:13) come un morto fatto vivente, le cose di prima sono scomparse, ed a alta voce, perché non vi è più il concorso delle altre voci dei nove lebbrosi, ritorna a Gesù. Ora nel cuore dell’ex lebbroso vi è un’altra voce, quella dello Spirito Santo che gli comunica la vera guarigione dell’anima, oltre al corpo e lo persuade a glorificare Dio, gettandosi ai piedi di Gesù con la faccia a terra. Un bell’esempio da considerare quando adoriamo. Domanda: perché gettarsi con la faccia a terra? Interpretare quel gesto ci ricorda come (I Samuele 3:19) Samuele non lasciò cadere a terra nessun delle parole, dette dal Signore. La posizione del lebbroso voleva esprimere una sottomissione al volere di Gesù e aspettava adorando, indicazioni utili. Forse realizzava profondamente di essere di terra, rinnovato dall’intervento misericordioso del Salvatore e in attesa della promessa di resurrezione. Oppure, non sapendolo, nel terreno della sottomissione, operava il medesimo atto che il Maestro avrebbe compiuto tra qualche tempo; la Scrittura ci ricorda: ( Ev. Matteo 26:39) si gettò con la faccia a terra pregando e dicendo Padre mio se è possibile passi oltre da me questo calice. Occorre dire che per la vera fede, basta un nonnulla per intendere e orientarsi per fare la volontà divina, come per esempio il noto sguardo di Gesù sofferente a Pietro, o il tocco della donna dal flusso di sangue. Il lebbroso dopo aver glorificato ad alta voce Dio, essersi disposto ai piedi di Gesù, comprende che l’adorazione non è completa senza aver ringraziato personalmente il suo Salvatore; lo farà ad alta voce o sommessamente, con la voce del cuore e con la mente di Cristo? Non ci viene detto, perché con la faccia a terra il ringraziamento intimo è solo per Gesù e non c’è spazio alla curiosità umana nel dialogo con il buon Pastore. Gesù riceve il ringraziamento sincero di un cuore rinnovato; lo purifica e lo presenta in quanto gran Pastore delle pecore e Sommo Sacerdote a Dio suo Padre. Il lebbroso samaritano guarito ora è membro di un nuovo popolo, guarda a Dio che è ( Ep. Romani 15:5) il Dio della pazienza e della consolazione e (V.13) il Dio della speranza.
Visione consolante
Dove lo vede l’ex lebbroso un Dio con quegli attributi? Lo ha difronte! E’ Gesù, paziente quando aspetta che la fede faccia il suo corso, dopo che Lui ha parlato: Andate a mostrarvi al sacerdote; è consolante quando qualcuno confessa il suo peccato e dice: Abbi pietà di me, e ha bisogno di ristoro e vita nuova. Ancora, fornisce speranza quando afferma: Alzati e va, la tua fede ti ha salvato. In quell’atto di adorazione non è difficile immaginare ciò che gli è stato rivelato come vero adoratore: cioè ( Ep. I Giovanni 4:16) che Dio è amore, (Ep. Romani 16:20) il quale è Dio della pace, altresì ( Ep. Romani 15:9) è Dio della misericordia, (Ep. Romani 15:8) è Dio delle promesse, (Ep. Romani 16:27) è Dio sol savio, e infine (Ep.Romani16:26) è Eterno Dio d’ordine.
Questo è a grandi linee, quello che si definisce essere sacerdoti, facenti parte del popolo meglio definito e identificato come quello che ( Ep. Ebrei 13:15) non ha una città stabile, ma cerchiamo quella futura e (V.12) santificato con il sangue di Gesù, oppure è (Ep. Romani 15: 16) un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo. E’ ancora ( Ep. I Pietro 2:9-10) una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, che prima non era popolo. Una casta definita ( Ep. I Pietro 2:5) un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù, che offrono ( Ep. Ebrei 13: 15) continuamente a Dio un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome. Dalla lettura di questi pochi versetti appare evidente che questo popolo assurge ad una definizione che nell’Antico Patto non esisteva, perché è dichiarato un real sacerdozio (Ep. Ebrei 7:2-3) secondo l’ordine di Melchisedek re di Salem o della Jerusalem celeste. Il reame e il sacerdozio, garante il Figlio di Dio ha un carattere fuori dalla nostra portata, è eterno. Le nostre similitudini con il culto del lebbroso sono molte, innegabili sono le attitudini di partenza: (Ev. Luca 19:48) Il popolo ascoltandolo, pendeva dalle sue labbra. Ecco un buon appoggio per iniziare un culto, il quale rappresenti l’espressione di ciò che il credente è chiamato ad offrire; ma tale complesso compito non si esaurisce come dice il profeta ( Osea 14:2) con l’offerta di lode delle nostre labbra. Per il culto cristiano occorre anche presentare in primis ( Ep. Romani 12: 1-2) i vostri corpi e secondariamente il vostro razionale servizio in ostia vivente cioè sacrificio vivente, santo e gradito a Dio misericordioso, come meglio e più precisamente traduce G. Diodati, nella vecchia traduzione. Questo concetto del corpo e del servizio, ossia di due cose ben distinte non esistono nella nuova Bibbia. Il servizio razionale come vocabolo è stato eliminato; forse per avere l’autogestione nel culto, l’autonomia per introdurre ( Ep. II Pietro 2:1) occultamente eresie di perdizione, o per marginalizzare la guida dello Spirito Santo a favore dell’attivismo dell’uomo. Può darsi, per indurre un divertimento che non affonda nella gioia spirituale della Parola, oppure per imporre uno stravolgimento nei simboli con pane tagliato e bicchierini (come già accennava S. Negri ne Il Cristiano nel lontano novembre 1998 pag. 464 I colonna). O ancora, nello scompaginamento dell’unità del corpo in adorazione a favore dell’individualismo, con preghiere pronunciate al singolare e non al plurale.
Non vi è mano libera
Questo dato del servizio è importante perché ci esprime che non v’è mano libera durante il culto, per fare ciò che vogliamo, stabilire noi le regole; ma l’esempio e l’invito sono la gioiosa sottomissione allo Spirito Santo, che introduce il credente, adoratore-sacerdote, nell’atmosfera del pari consentimento e della Verità. Il sacerdozio cristiano, realizzato ante litteram in Samaria dall’ex lebbroso, ha comunque radici celesti, eterne, come il Salvatore; è giusto perciò far risaltare la misericordia e le compassioni di Dio quando ci accostiamo a Lui per rendere un culto gradito e secondo la sua volontà. Infatti nel versetto seguente (Ep. Romani 12:2) è chiaramente detto che occorre essere trasformati nella mente, cioè essere sulla sua lunghezza d’onda per intendere attraverso l’esperienza della Parola, la sua perfetta volontà. Ed è in questo senso che l’apostolo Paolo, seguendo il testo dice, essendo tutto per grazia di Dio, di avere: un concetto sobrio di noi stessi, per non incorrere in errori di sopravalutazione, di indipendenza e di assenza nella sottomissione contraria alla comunione. Considerevole, come accennato è. (Ep. Romani 12:16) avere un unico sentimento, essere amalgamati nello Spirito come espresso in ( Ep. Filippesi 2:2) un animo solo e di un unico sentimento che è stato in Cristo Gesù, per (V. 10-11) piegare ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto la terra e che ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre. Una parte importante nel culto ( Ep. II Corinzi 4:1 ) è il non venir meno nell’animo perché misericordia ci è stata fatta, ma piuttosto essere fruitori della libertà ( Ep. II Corinzi 3:17-18) Ora il Signore è lo Spirito e dove è lo Spirito del Signore c’è libertà … e contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria secondo l’azione del Signore che è lo Spirito. Significativa è l’espressione di (Ep. Filippesi 3:3) Che offriamo il nostro culto per mezzo dello Spirito di Dio, che ci vantiamo in Cristo Gesù. Il rango di veri adoratori, non sui generis, ci impone di essere consenzienti alla volontà dello Spirito e conseguenti ai doni che lui ci ha elargito. Secondo l’azione dello Spirito, ci assicura di una sua manifestazione costante, dirigente e presente nel culto, eseguito in conformità e per la gloria di Dio. L’acqua di vita bevuta presso il pozzo di Samaria, acqua non del pozzo, quella che disseta e si trasforma in fonte saliente, cioè l’acqua di Gesù che libera dai legami di quello che non è marito, ma vanta padronanza e non comunica felicità coniugale, quell’acqua la ritroviamo ogni volta che ci appressiamo con riverenza e timore per rendere un culto al Signore. L’esperienza di questo cammino, l’essere circondati dalla grazia, dalla libertà dello Spirito, dall’accesso a Dio mediante Gesù, e lo specchio o l’acqua della Sua Parola, sono un anticipo della gioia celeste. L’orizzonte di questi passi, ci trasportano dunque, in quella libertà spirituale che i nostri primi fratelli ottocenteschi hanno scoperta, ben compresa meditando, fatta propria e divulgata senza soste, tra le tenebre italiche della superstizione e dell’ignoranza della Bibbia il santo libro. Tutte queste grazie sono inerenti al nostro rapporto personale di fede con il Salvatore quando riuniti con i nostri fratelli, adoriamo.
E’ bene stare qui
In (Ev. Matteo 17:4) c’è una ovvia contemplazione sintetizzata da: è bene stare qui; purtroppo anche in questo campo di elevazione spirituale la carne vuole agire senza senso. Se vuoi farò tre tende o tre altari; sul materiale vi sono dubbi, forse su un monte le pietre erano più facili a reperirle. Indipendentemente da questa considerazione, ciò che insegna questo passo è che l’iniziativa privata nell’adorazione o nella contemplazione non c’è posto. Fuori da quella voce che proclama al (V. 5) Questo è il mio Figlio diletto, in cui ho preso il mio compiacimento, ascoltatelo, non c’è spazio per altre confessioni o compiacimenti, per culti di adoratori pressapochisti, per altre esternazioni magari pompose ma prive di olio spirituale. Fuori della voce della nuvola, o delle lingue di fuoco o del vento impetuoso, o della gran voce che glorifica Dio come nel caso del lebbroso, non v’è adorazione. In questo racconto della trasfigurazione ( V. 6) anche i discepoli cadono a terra, con la faccia a terra, come nell’altro caso; vuol proprio dire che non si scherza quando si adora, erano presi da gran timore, soggiunge la Scrittura. Gesù da speranza: appare tutto solo e tocca in modo vitale i tre discepoli e dice: Alzatevi, non temete. Gesù è rassicurante e rincuorante, alzatevi è lo stesso verbo di (Ev.Luca 17 : 19 ) alzati e va, la fede ti ha salvato, detto all’ex lebbroso. Alzarsi, comandato da Gesù è sinonimo di resurrezione, rialzarsi dall’essere distesi a terra è ciò che il Salvatore compie toccandoci quando la sua faccia non riusciamo a vederla splendente come il sole, quando i suoi vestiti appaiono sbiaditi e non candidi di luce. Perché? Forse, temporaneamente siamo in mezzo alla Samaria: ci sembra che la diagnosi del risanamento constatata dai sacerdoti, sia più importante delle parole di guarigione dette dal buon Pastore; oppure non siamo arrivati stabilmente nella Galilea, dove Gesù ( Ev. Giovanni 2:11) manifesta la Sua Gloria alle nozze. Al banchetto della rammemorazione il vino della gioia e il pane di vita sono due simboli eloquenti. Perché manometterli, per il poco rispetto dell’insegnamento e del loro valore? Oggi in molti culti i soggetti istituiti da Gesù, pane e calice subiscono l’arroganza e la prepotenza umana. Il ricordo dell’opera rappresentata dai due simboli, è violentato dal corpo umano in putrefazione senza Spirito, che ha paura e si fida di più delle diagnosi della scienza, che della fede e delle cure del Salvatore, il buon Samaritano. Eppure nella Samaria si grida: Abbi pietà di noi mentre in Galilea nella casa del fariseo lebbroso si dice: (Ev. Luca 7: 39) Se costui fosse profeta saprebbe chi lo tocca. Già chi lo tocca? Un ex lebbroso autorizzato a compiere l’atto formale della comunione fraterna per conto suo, individualmente, da solo, con il suo pezzo di pane tagliato e il suo bicchierino, magari cantando l’inno 34 o 37 ecc. che esprimono conto proprio. E’ questa la rammemorazione? Cosa ha insegnato T.P.Rossetti attraverso gli inni Pel tuo Spirito Signore o Benedetto il tuo nome in eterno una posizione personale o plurale? Ne sappiamo ancora raccogliere la profondità spirituale di tali inni? Oppure con la scusa di cantare inni proiettati sullo schermo alzando la testa, stiamo perdendo lo sguardo riverente in basso e la meditazione delle parole del canto? Forse (Ev. Luca 9:29) quei vestiti e quel viso di luce sfolgorante sono ormai nascosti dalla piacevole pianura la quale appiattisce ogni cosa, che nasconde nella nebbia del dubbio o della sufficienza l’orizzonte dell’apparizione, del ritorno in gloria e della Sua presenza fra i due o tre. Ecco, occorre salire sul monte per ascoltare parole di resurrezione, o andare a Betania per accedere alla buona parte, alla buona posizione ai piedi di Gesù che insegna e promette (Ev. Luca 11:13) lo Spirito Santo.
Andare a Betania
Anche a Betania c’è un’iniziativa personale errata come nella trasfigurazione, (Ev. Luca 11:38) lo ricevette in casa sua e (V. 40) non ti importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? I buoni propositi secondo l’intelligenza umana, l’educazione, l’ospitalità, sono messi a repentaglio da un verdetto inatteso. Signore Gesù, vuoi che in tempo di AIDS, di malattie contagiose, di virus che si propagano in maniera velocissima ci perdiamo a bere il calice tutti assieme? Ci lasci soli, come Marta a fare bella figura? Non è che sei recidivo, come sulla barca in mezzo alla tempesta? Se ci dicessi qualcosa! ( Ev Luca 22: 20) Allo stesso modo dopo aver cenato diede loro il calice dicendo: Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue che è versato per voi. Che buona parte è questa! Essere in comunione tra i credenti, a Betania terra di resurrezione per Lazzaro, del convivio tra i tre cari amici di Gesù e dell’ascolto della Santa Parola. Si, questo ci sembra vero balsamo per quelli che vogliono adorare secondo l’insegnamento di (Ep. Romani15: 5-6) vi conceda di avere tra di voi un medesimo sentimento secondo Cristo Gesù affinchè di un sol animo, e di una stessa bocca glorifichiate Dio, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo capito la buona parte, oltre a essere ai tuoi piedi è prezioso realizzare il tuo sentimento di mansuetudine e sottomissione, di essere tutti animati per perseguire quella bocca unita e plurale per glorificare Dio e Gesù per lo Spirito. Abbiamo compreso (Ep. Romani 14:17) che il regno di Dio consiste in giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo, poiché chi serve Cristo in questo è gradito a Dio e approvato dagli uomini. In quella casa di Betania, accolti ai suoi piedi intendiamo con l’aiuto dello Spirito e con il conforto della sua Parola, come scritta in (Ep. Romani 15:4) Poiché tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per la nostra istruzione, affinchè mediante la pazienza e la consolazione che ci provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza. Grazie, per la tua pazienza, la tua consolazione e la tua speranza cioè misericordia: come stranieri ( Ep. Romani 15:9) onoriamo Dio per la sua misericordia, celebrandoti, cantando e rallegrandoci. Le parole del Salmo 19 ci sono d’aiuto: dopo aver elencato le qualità intrinseche della legge, della testimonianza, dei precetti e dei comandamenti dove il tuo servo (V.11) è ammaestrato, il salmista (V.14) pronuncia: siano gradite le parole della mia bocca e la meditazione del mio cuore in Tua presenza, o Signore mia Rocca e Redentore! Bene, riepilogando, quali implicazioni sono connesse a questo alto ufficio cristiano di essere degli adoratori e in che maniera presentarsi?
N° 1 ( Ep . Romani 6:13) A Dio come morti fatti viventi
N° 2 (Ep. Efesini 5: 8-10) Figli di luce esaminando cosa sia gradito al Signore
N° 3 (Ep. Romani 13.14) Rivestiti del Signore Gesù Cristo
N° 4 (Ep. Efesini 4:21-24) Istruiti secondo la Verità che è in Cristo Gesù…Che procede dalla Verità
N° 5 (Ep. Ebrei 12:24 e 13:20) Al sangue dell’aspersione e …sangue del patto eterno
N°6 (Ep. Romani 15:5-6) D’un medesimo sentimento secondo Cristo…di un sol animo e d’una stessa bocca
N° 7 (Ep. Romani 15: 6) Glorificate Dio, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo
Conclusione
Gesù in quel percorso preso in esame aveva come destinazione Gerusalemme, la stessa nostra meta celeste quando adoriamo, l’incontro con il Salvatore è pregnante per la sua posizione e i suoi vestiti come dice l’inno scomparso: I vestimenti del Signor. ( Ep. Romani 8:34) Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più è risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi. Il tocco di vita attraverso il suo Spirito continua anche quando ci riuniamo per adorare in Spirito e Verità, esercitare l’ubbidienza al suo volere e godere della sua pace. Queste poche riflessioni ci portino ad essere sempre più osservanti dei dettami scritti nella Bibbia, la Parola di Dio, affinchè la Scrittura sia onorata con il comportamento dei credenti in maniera spedita e conforme alla dottrina rivelata, bandendo quegli atteggiamenti errati e contrari al vero ricordo dell’opera salvifica del Salvatore.
Ferruccio IEBOLE